Il caso Stucchi
Il sequestro di Giovanni Stucchi rientra nell’elenco dei macabri tentativi tesi al perfezionamento delle tecniche di estorsione, anche se le rivelazioni di Di Bella sui mandanti lo rendono un racconto a sé nella terribile storia dei sequestri. La Stucchi Materiale elettrico è una buona azienda. Rende bene. Niente di stratosferico, ma per Olginate, in provincia di Lecco, è sopra la media. A gestire la baracca è Giovanni, che eredita I’impresa assieme alle sorelle. È uno metodico e preciso. Facile da pedinare e in genere puntuale come un orologio. Per un mesetto circa – non tutti i giorni – viene messo sotto osservazione. Esce di casa il mattino, sempre alla solita ora. Va in fabbrica. A volte pranza fuori, a volte torna a casa e la sera finisce di lavorare alle 19.30. Precise. Sale sulla Bmw, che durante il giorno resta posteggiata di fronte alla ditta, e dopo un quarto d’ora, al massimo venti minuti, arriva davanti alla villa. Ad aspettarlo ci sono la moglie Giovanna Donizetti e i due figli, Alice e Aristide. Per la precisione sono le 19.50 del 15 ottobre 1974 quando Giovanni ferma I’auto e scende per aprire la carraia. Lì viene aggredito e sequestrato. La richiesta di riscatto non tarda ad arrivare. Antonella, la sorella incaricata delle trattative, chiede tempo. Forse si può vendere qualche immobile e qualche terreno. Ma non è facile racimolare 700 milioni di lire. Come si fa ad avere tutti quei soldi subito e in contanti? “ci rifaremo vivi” replica una voce al telefono. Poi due settimane di silenzio. Il telefono suona ancora. Ma è un camionista che ha trovato la carca d’identità e la patente di Giovanni in una piazzuola sulla Milano-Torino. Infangate e mezze stracciate. Non è un bel segno, pensano in famiglia. Maria Grazia, l’altra sorella, è addirittura certa della morte di Giovanni. Nel linguaggio della mala, quando strappi i documenti c,è un solo significato: vittima sacrificata. consegnato il riscatto e ritrovati i documenti, di stucchi non si sa più nulla. Nessuna soffiata alle forze dell’ordine. Nessuna traccia da seguire. Niente. Il 4 dicembre 1982 il pubblico minisiero di Como chiede ventotto anni di carcere per Luigi Clerici, un comasco già coinvolto in altri sequestri e legato ad Antonio Scopellitti, boss dell’Anonima. Clerici è un personaggio da Far’west. pregiudicato per furto e rapina, sale all’onore delle cronache nel maggio del’73 quando ad Agno (Lugano) assalta una filiale della Banca svizzera Italiana. Nel marzo del1976 viene arrestato perché ha in tasca una banconota segnata. Ma al processo stucchi arriva quasi per caso. Nel tentativo disperato di raccogliere frammenti di verità giudiziaria, uno zio di Giovanni inizia a bazzicare il tribunale di Milano. È in una di quelle enormi aule del primo piano che riconosce Antonio Scopellitti. A lui ha consegnato la valigia con i 700 milioni. uno più uno fa due, e dopo il confronto tra le telefonate di un’altra vicenda e quelle che ha ricevuto, Antonella non ha più dubbi: la voce fredda che ha dettato le condizioni è di Clerici. Scopellitti viene inutilmente riconosciuto colpevole il 7 dicembre l982. Non si becca l’ergastolo perché è già sigillato in una cassa di zinco dal 1980, dopo essere mono in carcere. Mentre Clerici, che di fatto resta I’unico imputato, viene condannato al carcere a vita, senza però dire una parola né ammettere alcun ruolo nella scomparsa di Stucchi. Il piccolo imprenditore non tornerà più a Olginate. Stato ucciso subito dopo il rapimento. In un bosco appartato. poi il cadavere è sttoo buttato nel lago di Lecco dalle parti di Magreglio. Per evitare che torni a galla, gli bucano I’addome con un coltello. Più volte e in zone diverse. Poi la notte lo scaraventano giù nella parte più profonda del lago. I quattro sono Franco Coco, il cugino di Coco Trovato, Ciccio Parisi e Mario Trovato. Gli stessi che organizzano il sequestro della Mazzotti. L’ultimo, l’autista della macchina che viene usata fino a Magreglio, invece, non so chi sia, svela Di Bella. Non è come per Cristina. È tutto ancora più incredibile e assurdo. Ed è proprio Di Bella ad aprirci per la prima volta questo scenario: non si tratta del solito sequestro per fare cassa. È un omicidio camuffato da sequestro. Perché I’ordine arriva dalla moglie di Stucchi, che da tempo ha una relazione extraconiugale. E lei a contattare Franco Coco. La clausola fondamentale dell’accordo: Stucchi non deve più tornare indietro vivo. Il compenso: 250 milioni. Lo so perché Franco Coco in persona me Io raccontò in un bar di Lecco, non più di un mese dopo aver incassato i soldi pattuiti. Giocavamo a boccette, ogni volta che segnava un punto si esaltava e aggiungeva un particolare. All’inizio restò sul vago. Poi entrò nei particolari del sequestro. lnvece sulla questione del denaro non entrò mai nei particolari. All’inizio dovevano prendere 250 milioni di lire per I’operazione. Poi qualcosa andò storto. Almeno così immagino. Forse si mise in mezzo la sorella che bypassò la moglie nella trattativa. Maria Grazia seguì di persona le fasi della consegna del riscatto e per quel che so da Franco Coco fu sempre lei che racimolò il denaro. E lo fece assolutamente all’oscuro di tutto. Non sapeva niente dei piani della cognata. A quel punto, registrato I’imprevisto favorevole, forse capirono che potevano alzare la posta a 700 milioni. Tanto la moglie di Stucchi non è che poteva andare a denunciarli. E men che meno dire ai parenti che era una truffa: “Ma come? Avevamo stabilito 250 milioni e ora ne vogliono 450 in più’. Ho letto sui giornali, il 14 settembre 2009, che Giovanna Donizetti è deceduta senza neanche sapere dov’è morto il marito né come. Niente di più di quello che aveva scritto in una lettera di addio alla famiglia. Senza neanche conoscere i nomi dei veri sequestratori né sentire dalla bocca di Clerici; che fu condannato in via definitiva nel febbraio del 1984, un’ammissione di colpa. così ho letto sui giornali, e mi sono chiesto: “chissà che cosa ha pensato davvero prima di morire”