Il “pentito stilista” che confeziona una verità diversa per ogni stagione:
- Nel libro parlando del caso Versace, racconta di essere stato incaricato da uno degli uomini più fidati del Boss di rubare le ceneri di Gianni Versace. Infatti a suo dire lo stilista sarebbe ancora vivo e per questo quelle ceneri vanno difese.
Co-protagonista di questo capitolo insieme al Di Bella è Rusconi Agostino, che lui definisce un altro uomo di fiducia del Boss che sarebbe poi stato ucciso pochi mesi dopo il tentato furto. - Durante le dichiarazioni rilasciate nella sua deposizione al processo Versailles, il Di Bella ha tutt’altra versione sul Rusconi, che a suo dire già da qualche anno prima della sua morte, non sarebbe più stato uomo del clan ed addirittura non più protetto ma anzi “non lo potevano più vedere”. Sarebbe stato fatto cadere in disgrazia per una questione di droga presa e non pagata. Infine il Di Bella dice che non frequentava più il Rusconi perché aveva iniziato a frequentare persone che non gli piacevano e che gliela avrebbero fatta pagare.
Parlando di una bustarella che avrebbe pagato al sindaco di Olginate, il Di Bella cambia addirittura 3 versioni:
- Nel libro dice di essere andato da solo e di persona a consegnare la bustarella al sindaco che gli avrebbe fatto concedere i permessi per trasformare il suo bar in pizzeria.
- Incalzato dalle prove (uscite durante “L’infedele”) che questi permessi non erano stati concessi, cambia versione e dice che si sarebbe recato dal sindaco con un’altra persona che lo ha raccomandato perché amico di amici. Prosegue rivelando che, grazie al fratello del Boss che si sarebbe accorto che “accanto alla canna fumaria correvano le canne di conduzione del metano”, lui ha deciso di non proseguire nel suo progetto di trasformazione poiché troppo costoso.
- Nelle deposizioni al processo Versailles fatte nel Gennaio del 2008 ha una terza versione dei fatti. Qui dichiara infatti di essere stato costretto dal fratello del Boss a vendergli il locale: “Io dissi a lui che avrei accettato la somma di lire 120 milioni che mi aveva offerto in precedenza, ma il Mario disse che me ne avrebbe dato solamente 60. Costretto dalla necessità accettai tale offerta”
Nel libro il Di Bella viene dipinto come uomo di fiducia ed alle dirette dipendenze del Boss. Nelle dichiarazioni rilasciate durante il processo Versailles risulta invece come egli non abbia mai ricevuto ordini diretti dal Trovato e come con questo avesse una semplice conoscenza nata ai tempi dell’oratorio.
Nel libro il Di Bella si dipinge come uomo alle dipendenze del Boss con uno stipendio fisso mensile e con un bonus sugli incarichi che lo stesso gli affidava direttamente. Durante il processo Versailles dichiara invece che nessun recupero crediti gli è mai stato commissionato direttamente dal boss e che non ha mai ricevuto uno stipendio mensile.