La sua “Credibità”

Gli autori basano l’intero libro sulle dichiarazioni di Di Bella e già nell’introduzione scrivono: “La credibilità di Giuseppe Di Bella si basa su diversi fattori. E’ stato ritenuto sempre attendibile dai magastrati” e poi continuano “I pentiti non sono oracoli, non diffondono la verità rivelata, e ogni dichiarazione di Di Bella, per quanto verosimile, va presa con il beneficio del dubbio. Vanno però considerati tre elementi fondamentali”:

  1. Un forte impianto autoaccusatorio “attribuisce un  credito di affidabilità a qualsivoglia aspirante pentito”
    Peccato che leggendo il libro si scopra che Di Bella si accusa solo di reati minori (non essere riuscito a rubare le ceneri di un defunto da un cimitero ad esempio) e passati in prescrizione.
  2. “Per le vicende più significative, Di Bella non rende affermazioni de relato, ma racconta episodi che ha vissuto in prima persona”
    Al contrario, per quanto riguarda il capitolo dedicato ai sequestri di persona così come per molti altri fatti, Di Bella racconta di avvenimenti che gli sono stati solo riferiti.
  3. “Non essendo più sotto protezione da alcuni mesi e accusando membri della ‘ndrangheta di fatti nuovi, si espone a rischi rilevanti, anche se si rifiuta di tornare sotto copertura”
    Voci, che riporto così come mi sono giunte, ma che vanno ancora verificate ed in quanto tali potrebbero non risultare vere, sostengono invece che il Di Bella sia già tornato sotto scorta e che molto probabilmente riceva compensi per le interviste e le comparsate telefoniche.

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